Tratto da “Diario di un Angioino”, opera inedita di Enzo Greco
Tratto da “Diario di un Angioino”, opera inedita di Enzo Greco
Tra le poche cose che mi portavo appresso da Palermo vi era una lettera scritta dal parroco della mia parrocchia di Amiens, Padre Lassalle, che mi aveva visto nascere e crescere in Picardia.
Ed ora che mi accingevo ad attraversare lo Stretto avrei dovuto, fra mille altre cose, seguire le sante istruzioni che il vecchio parroco mi aveva suggerito in quella sua missiva
Amiens, 8 Dicembre 1281
Nel nome di Dio Creatore
Caro Jean-Philippe,
spero di cuore che questa mia missiva ti trovi nella grazia di Gesù e Maria e che San Luigi protegga te e suo fratello, re Carlo.
Voglia Iddio che quanto prima la Terra Santa e Gerusalemme vengano ritornate al legittimo proprietario, il Sommo Pontefice di Roma, dalle mani sante degli Angiò.
Uno dei motivi per cui ti scrivo è che recentemente mi è capitata per le mani la copia di una solenne lettera scritta dal nipote dell’Imperatore bizantino al Papa.
In essa egli esprime il suo dolore per aver Costantinopoli perso le sacre reliquie dei Santi e quelle di Nostro Signore ad opera di Veneziani e Cavalieri Templari durante la IV crociata. I Veneziani, scrive ancora egli, si sono impossessati degli ori, degli argenti e delle pietre preziose, mentre i Templari delle sacre reliquie.
Come tu ben saprai, molti di questi cavalieri Templari portarono in
Francia importanti reliquie di Santi, tra questi ti bastera’ ricordare Wallon de Sarton, che offrì alla nostra Cattedrale di Amiens la testa di San Giovanni Battista o Geoffroy de Charny che addirittura trasse con le sue mani il telo nel quale fu avvolto il Corpo di Gesu’ da Giuseppe d’Arimatea. I suoi discendenti lo tengono nel loro castello e non permettono a nessuno di vederlo. Queste santissime reliquie raggiunsero il nostro paese pochi decenni fa e rappresentano oggi l’orgoglio della nostra Francia.
Ma c’è un’importante reliquia che si è persa per strada.
I discendenti del Templare Geoffroy de Charny mi hanno confidato che una coppa, che era assieme alla sindone che egli portò in Francia, è andata persa.
A Monemvasia infatti il Templare de Charny si trovò in gravi difficoltà finanziarie che gli impedivano il proseguimento del viaggio di ritorno in Francia.
Gli fu allora necessario vendere una delle reliquie che traeva con sè da Costantinopoli per pagarsi il viaggio di ritorno in patria. Decise così, anche se a malincuore, di dipartirsi dalla coppa che raccolse il sangue prezioso del Salvatore sulla croce e di venderla a due Templari che tornavano in Francia. Dove essi si siano diretti subito dopo l’acquisto non ci e’dato sapere, ma il nipote del Templare, che porta con orgoglio lo stesso nome dell’avo e che è oggi il cavaliere più nobile e benvoluto di Francia, ritiene che essi siano approdati in qualche porto tra la Sicilia orientale e lo Stretto di Messina. Da Monemvasia infatti la stragrande maggioranza delle navi salpa verso l’Adriatico, mentre da Catania, Messina, Reggio e Catona passano tutte le navi che dalla Francia vanno verso la Terra Santa e viceversa. ll cavaliere de Charny s’è personalmente intrattenuto con Templari provenienti da Messina e Catania e costoro hanno categoricamente negato la presenza di una siffatta reliquia in quelle citta’. E se invero fosse stata venduta a dei cavalieri di quelle citta’, essa oggi sarebbe oggetto di gran venerazione presso quelle cristiane genti.
Ahimè, è molto piu’ plausibile, purtroppo, che quei Templari, solitari viaggiatori, l’abbiano nascosta lontano da occhi indiscreti lungo la costa calabrese dello Stretto.